Spazioprever lezioni in rete - I.I.S. "A. Prever" Pinerolo
Quando si dice mangiare anche il piatto.
Il pane presso Greci e Romani ma anche nel Medioevo era costituito da un impasto semiliquido di farina e acqua cotto su pietre
roventi (una specie di piadina). Su questo pane venivano servite le pietanze. Alla fine si poteva mangiare anche il piatto.
Il pane può essere considerato come l’alimento più antico preparato dall’uomo; è un prodotto ottenuto dalla cottura di un impasto di farina, acqua, e lievito. Nelle situazioni più antiche il grano era grossolanamente frammentato e veniva aggiunta l’acqua per l’impasto; la cottura avveniva poi direttamente sul fuoco o su una piastra rovente. È un alimento energetico per l’elevato apporto di glucidi sotto forma di amido (50-60%).
Il pane, riprendendo la definizione che ne viene data nella legge 580 è: “il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune”.
Se sono presenti solo questi ingredienti di base il pane è definito comune, in presenza di altri ingredienti si parla di pani speciali (pane al latte, all’olio, al sesamo ecc.).
Il pane comune è ulteriormente classificato in diversi tipi, sulla base della farina di partenza utilizzata: pane di tipo 00, 0, di semola stanno ad indicare l’impiego nella produzione del pane rispettivamente di farine 00, 0 o di semola di grano duro.
È la prima tappa nella fabbricazione del pane e permette la formazione di una pasta liscia, omogenea, tenace, viscoelastica a partire dai due semplici componenti di base: la farina e l’acqua.
Allorché i due ingredienti base sono mescolati, l’impasto subisce importanti trasformazioni in quanto le particelle di farina si idratano e l’insieme perde le caratteristiche di granulosità diventando una pasta liscia e omogenea.
Si esegue a mano o nelle macchine impastatrici che rimestano una miscela di farina, acqua, lievito ed eventualmente sale.
L’acqua aggiunta alla farina in misura variabile in funzione del tipo di pane (generalmente 40-65 parti per 100 parti di farina), ha altre funzioni fondamentali oltre quella di determinare la formazione del glutine, quali l’idratazione dei granuli di amido, l’azione di solvente per altri ingredienti, la regolazione delle attività enzimatiche.
Il contenuto di glutine indica la tendenza alla panificazione che viene definita come «forza» delle farine.
Tale forza si misura con l’indicatore W.
L’aggiunta di grassi (olio, burro o strutto in modo che la materia grassa totale sia non inferiore del 4,5%) ha diverse funzioni: di lubrificare in quanto migliora lo scorrimento delle macromolecole del glutine e quindi favorisce una maggiore estensibilità dell’impasto; di stabilizzare in quanto favorisce la formazione di bolle d’aria di piccole-medie dimensioni e quindi un’alveolatura più regolare; di aumentare la conservabilità in quanto rallenta la migrazione dell’acqua tra amido e proteine e le interazioni tra i granuli di amido, rallentando così il raffermimento del pane.
Fase successiva all’impastamento, ha un duplice scopo: la levata della pasta sotto l’effetto dell’anidride carbonica che si sviluppa durante il processo e la sintesi di acidi organici e gas volatili che contribuiscono al gusto ed all’aroma del pane.
Essa comprende due tappe principali, la fermentazione primaria che va dalla fine del mescolamento fino alla formatura degli impasti; la fermentazione secondaria che va dalla formatura degli impasti alla messa in forno.
I saccaromices cerevisiae sono i lieviti normalmente usati in panificazione. Un cm3 di lievito fresco contiene oltre 10 miliardi di cellule. In anaerobiosi, ossia in assenza o quasi di ossigeno, i lieviti si moltiplicano con una certa difficoltà ed utilizzano gli zuccheri per produrre l’energia di cui hanno bisogno per mantenersi in attività; essi trasformano la quasi totalità del glucosio in etanolo e in anidride carbonica dando luogo in minima parte ad acidi organici, alcoli superiori e esteri.
In queste condizioni, da 180 g di glucosio si formano ad opera dei lieviti 88 g di CO2 e 92 g di alcool e vengono liberate 34 kcal:
C6H12O6 → 2 C2H5 OH +2 CO2
In panificazione i lieviti sono incorporati nella misura del 2% del peso della farina.
L’aroma che si sviluppa nel corso della fermentazione dell’impasto è in larga parte dovuto all’attività metabolica
del lievito.
Numerosi sono i composti volatili e non che si formano e la maggior parte di questi contribuisce all’odore molto caratteristico di un impasto fermentato.
All’inizio della cottura, l’alcool evapora dopo la messa in forno. I lieviti sono inattivati quando la temperatura supera i 50°C.
Oltre al lievito di birra, può essere impiegato anche il lievito naturale o di pasta acida che viene ottenuto lasciando all’aria per un po’ di tempo acqua e farina: in questo modo l’impasto si arricchisce sia di saccaromiceti che di microrganismi ambientali che acidificano l’impasto.
I lievitanti chimici (usati per il pane in cassetta e biscotti) sono costituiti da bicarbonato di sodio o bicarbonato di
ammonio e devono la loro azione lievitante allo sviluppo di anidride carbonica.
Durante la lievitazione l’impasto viene lasciato fermentare in camere adatte ad una temperatura ottimale di 25-30 °C.
Consiste nella messa in forma della pasta che conferisce al prodotto la forma desiderata; la messa in forma può essere fatta manualmente o in modo meccanico. L’impasto è molto sensibile alle operazioni meccaniche per cui la fase di formatura va seguita con attenzione.
La durata della cottura è in funzione del formato di pane, es. mezz’ora circa per la baguette. Alla cottura segue il raffreddamento durante il quale il pane si raffredda e perde 1-2% dell’acqua. Una volta che l’impasto fermentato è messo nel forno ad una temperatura intorno ai 250°C si producono diversi fenomeni chimico-fisici.
Durante la cottura la struttura glutinica, a causa della denaturazione delle proteine per le alte temperature raggiunte, diventa rigida e conferisce forma e volume al pane.
Durante la fase di cottura il volume del pane all’inizio aumenta drasticamente per dilatazione dei gas contenuti negli alveoli, poi progressivamente, in seguito all’accelerazione della fermentazione, finché i lieviti non sono inattivati dal calore.
L’alcool formato nel corso della fermentazione si vaporizza nell’aria; la temperatura della mollica raggiunge progressivamente i 90 °C al cuore del pane, mentre quella della crosta raggiunge i 250°C;
La crosta comincia a formarsi verso i 90°C: un film si forma progressivamente sulla superficie della mollica, si ispessisce, si disidratata e infine si solidifica nella misura in cui la temperatura della superficie esterna del pane si avvicina alla temperatura finale di 220°C. Si sviluppa simultaneamente la reazione di Maillard che conferisce il colore caratteristico della crosta.
Intervengono inoltre decomposizioni termiche degli zuccheri che danno prodotti di degradazione colorati e leggermente acidi e dei composti volatili (aldeidi, chetoni, furfurolo) che vengono liberati all’inizio della caramellizzazione.
Spazioprever è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.