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Le magistrature romane

In Roma il termine "magistratus" indicava sia la persona che rivestiva una carica pubblica sia la carica stessa. In età regia i poteri magistratuali appartenevano al rex. Con l'età repubblicana si afferma il sistema magistratuale quale fondamento costituzionale dello Stato, assieme al Senato e alle assemblee popolari.

In un primo tempo i magistrati supremi (consoli, pretori, censori, dittatori) rappresentavano l'intero Stato, ricevendo il potere esecutivo dal Senato e dal popolo. Ai magistrati patrizi già nel secolo V a. C. furono contrapposti altri magistrati plebei, come i tribuni e gli edili.

Consoli:
potere militare e civile, potere di coercizione (obbligare a fare qualcosa con la forza).
Pretori:
amministravano la giustizia
Censori:
censimento cittadini, controllo opere pubbliche, controllo moralità dei senatori

I magistrati erano tutti eletti per un anno, salvo i censori eletti per 18 mesi ed erano per lo più due per ogni carica.

Alcune cariche erano straordinarie. Il dittatore, ad esempio, non era eletto, ma era nominato in via straordinaria, in caso di guerra, e non poteva durare in carica più di sei mesi

Le magistrature erano aperte a tutti i cittadini di pieno diritto e di sesso maschile, ma in pratica vi potevano accedere solo esponenti delle grandi famiglie che avevano peso nel Senato.

I magistrati esplicavano compiti amministrativi, giudiziari e militari. Quelli superiori, consoli, pretori e dittatori, avevano l'imperium sancito fino a tarda epoca da una legge emanata dal comizio curiato. Il principio della collegialità comportante l'intercessio, il diritto cioè di opporsi agli atti del collega, impedì ogni tentativo sovvertitore della legalità.

Nessuna remunerazione, oltre le indennità per spese militari o di celebrazioni, spettava ai magistrati romani: il ricoprire le cariche pubbliche era considerato un dovere e un onore. Ciò, però, non impedì che i magistrati si arricchissero con le prede di guerra e le estorsioni ai provinciali.

Quando le campagne di guerra furono condotte in territori lontani, i poteri del magistrato cominciarono ad essere prorogati oltre l'anno di carica e nacque così l'istituto della promagistratura, la quale neutralizzò gli effetti della collegialità spianando la strada all'avvento del principato es: proconsole.

Le magistrature sopravvissero anche in età imperiale, prima con poteri delegati, poi sempre più con compiti onorifici.

Anche il sistema elettivo durato per qualche tempo finì presto con l'essere abbandonato e la scelta passò direttamente all'imperatore.

Magistrati minori erano i Questori (amministrazione delle finanze e della città), e gliEdili (archivi dei plebisciti e in seguito funzione di sorveglianza sui mercati urbani e sugli spettacoli).

I più importanti magistrati della plebe erano i Tribuni della Plebe, eletti in seguito da un Concilio della Plebe. Erano due e avevano il diritto di veto sulle leggi sfavorevoli al popolo ed erano inviolabili.

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